Vittorio Messina compie gli studi all'Accademia di Belle Arti e alla Facoltà di Architettura di Roma, città nella quale vive e lavora.Dalle prime esperienze degli anni Settanta e a partire dai primi degli Ottanta, l'artista ha concentrato la sua ricerca sui temi dell’habitat ed ha assunto, nella vasta iconografia del suo lavoro, il tema della “cella” come sinonimo della “stanza” ed elemento base dell’architettura, in specie dell'edilizia urbana. Insieme ai temi inerenti al linguaggio e alla sua ontologia, Messina ne ha scandagliato materiali e modi, e ha messo in evidenza l'”abuso” consumato dall'arte in rapporto al degrado e alle tematiche ambientali e sociali in atto e in drammatica progressione nelle periferie metropolitane e nell’environnement globale.Ha esposto le sue opere in molte gallerie e musei internazonali. Nel 1987, a Palazzo Taverna in Roma (Incontri Internazionali d'Arte), all'interno di un ciclo dove si succedono gli interventi di Maria Nordman, Bruce Naumann e Luca Patella, Messina costruisce una 'cella' e pubblica un testo, 'Paesaggio con luce lontana', dove affiora la tematica heisenberghiana dell'indeterminazione, già presente peraltro nella mostra 'Spostamenti sulla banda del rosso' di Villa Romana (Firenze 1985). Da questo momento il lavoro di Messina si svolge con stringente continuità visionaria nel grande 'Krater' esposto alla mostra 'Europa Oggi' del Museo Pecci di Prato (1988), nell'installazione totale alla galleria Oddi Baglioni di Roma dello stesso anno, fino alla mostra 'Aetatis suae' alla galleria Tucci Russo di Torino (1990), dove uno schermo televisivo fuori sintonia fa da contrappunto ad una serie di cinque grandi nicchie, che svolgono con una sorta di 'scrittura plastica' il tema della nominazione. Successivamente, dalla 'cella' della galleria Minini, Brescia (1991), a quella del Kunstverein di Kassel (1991) e della galleria Victoria Miro (Londra 1992), ma anche della 'Stanza per Heisenberg' (opera notturna per Edicola Notte, Roma 1991), come nelle 24 finestre della mostra 'Lux Europae' di Edinburgh (1992), fino ai lavori del Castello di Girifalco, Cortona (con Thomas Schutte, 1993), l'opera di Messina si configura, con l' imprevedibilità e il disincanto di un vero e proprio cantiere metafisico. Un'idea, questa, che si sviluppa a partire dagli anni Novanta, nelle mostre al Kunstverein di Dusseldorf, alla Villa delle Rose, Bologna, alla National Galerie di Berlino, al Museo di Erfurt, al Museo di Leeds, fino alle grandi installazioni nei "Dialoghi" al Maschio Angioino e Castel dell'Ovo, Napoli, 2002), integrando una forma di mobilità e di precarietà radicali, all'immagine della città come organismo improprio e artificiale. Nella mostra "A village and its surroundings"(H. Moore Foundation, Halifax 1999) alcune installazioni includono l'uso di film-video nella prospettiva del 'tableau vivant', della 'segnalazione' e del 'controllo'. In 'La discrezione del tempo 1' (Museo Ujasdovki, Varsavia, 2002), e in “Una città visibile”, (Modena, 2004), e poi ancora nelle “Cronografie, o della città verticale” (Cavallerizza Reale, Torino (2006), e in “Momentanea Mens”, (DKM Foundation, Duisburg 2009), lo spazio-tempo dell'habitat umano tende ad espandersi ulteriormente, fino alla dilatazione estrema di “Hermes”, un'opera della durata di 72 ore, divisa in 9 “Capitoli”, nata dall'elaborazione di un film di 42 minuti primi in formato 8 mm del 1970 (Insel Hombroich, 1970/2008). Infine, nella mostra alla Galleria Guidi (Roma, 2011), come nelle opere al MACRO (“Eighties are Back”, Roma 2011) e nella mostra con Thomas Schutte alla Villa Massimo (Roma 2011), Messina rafforza la componente tautologica del suo lavoro e avvia una nuova riflessione sulle forze e le dimensioni dello spazio reale. Nel 2013 Messina, al Museo delle antiche Mura Aureliane di Roma, si confronta ancora con un ambiente fortemente segnato dalla storia e dagli eventi, come nelle due grandi mostre del 2014, al MACRO di Roma e alla Kunsthalle di Goeppingen, sul tema di “Postbabel e dintorni”, dove il soggetto della città riemerge come riflessione sull'origine del linguaggio e della stessa forma dell'arte come tensione e portato culturale della comunità umana, la stessa che ora, nella recente mostra “Teatro Naturale, Prove in Connecticut” (2016) al “Regio Albergo delle Povere” Museo Riso di Palermo, è protagonista assente dei nuovi “Habitat” di Messina. Nello stesso ambito di ricerca si sviluppano le recenti mostre di Caserta, “In un certo senso, infinito” (gall. Nicola Pedana, 2017), e infine il grande “Habitat con varchi in una regione piovosa” al Nuovo Kunstraum Goethe di Roma, 2018, e la grande installazione “Convivio” (127 Höherweg di Düsseldorf).